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domenica 8 marzo 2015

Rapporto corpo-respiro

La capacità polmonare varia da persona a persona in base all'età, all'altezza, al sesso e ad altri fattori.
Di conseguenza, il rapporto corpo-respiro è diverso per ogni musicista e nell'esecuzione musicale bisogna tenerne conto.

Non intendo approfondire eccessivamente gli aspetti anatomici di queste differenze perché non vi è molto da dire e poi non è determinante per lo studio, mentre è mia volontà considerare l'aspetto psicologico e didattico del rapporto corpo-respiro.

Consiglio la lettura del libro "Also sprach Arnold Jacobs" per un buon approfondimento (non tanto perché Jacobs era un validissimo musicista ma soprattutto perché aveva studiato anatomia e psicologia e aveva pertanto ottime conoscenze mediche), in cui si trova una tabella approssimativa con la capacità polmonare in base al sesso, all'età e al peso.

Il rapporto corpo-respiro si spiega bene con un paragone: poniamo che si vuole fare una viaggio in auto da Roma a Milano. Partono due auto: una Fiat Panda e una Fiat Ulysse; la prima ha ovviamente un serbatoio più piccolo rispetto alla seconda in quanto è proporzionata all'intera vettura. La Panda durante il tragitto rifornisce carburante due volte, l'Ulysse una; quest'ultima, poi, arriva a destinazione un'ora prima della Panda.
Anche avendo caratteristiche diverse, le due auto soddisfano comunque lo scopo per il quale sono state costruite (arrivare a destinazione) seppur non nella stessa maniera (rifornimento e tempo).

Questo paragone, perfettamente applicabile ai musicisti di strumento a fiato (che fisicamente non sono tutti uguali tra loro), dimostra che si può sempre raggiungere lo scopo prefissato (suonare bene) anche se i mezzi non sono gli stessi per tutti.
Spesse volte, infatti, si sentono delle vere e proprie eresie (che sono tali soprattutto se proferite in Conservatorio) del tipo: "Questa frase va eseguita in un solo fiato", "In questa frase non puoi respirare più di tot volte", "La tua capacità polmonare non è adatta per uno strumento a fiato in ottone, meglio il clarinetto o il flauto" e tante altre.

Queste eresie musicali contengono concetti antiquati che Arnold Jacobs ha smantellato con prove scientifiche più di 60 anni fa, ma che in Italia (o almeno nelle realtà musicali che ho avuto modo di conoscere) trovano ancora terreno fertile per crescere e prosperare a danno del povero allievo.

Il compito dell'insegnamento è di mostrare all'allievo come trarre il massimo profitto dai propri mezzi, come condurre musicalmente gli esercizi e gli studi, o più in generale come esprimersi al meglio; non di imporre regole con la pretesa che siano universali che magari possono anche andar bene per alcuni, ma sicuramente non per tutti (come dicevo anche nel post "differenze individuali").

La respirazione, da un punto di vista anatomico, è un atto molto complesso che richiede l'uso di tantissimi muscoli; eppure è così semplice che non dobbiamo pensarci. Anche quando si suona non si dovrebbe pensare al respiro, ma alla musica che si sta eseguendo; e se si impongono regole del tipo "Suona questa frase in un unico respiro" si creano ostacoli inutili e l'esecuzione è a rischio.

Il grande obiettivo, nello studio della musica, è di esprimersi bene e di soddisfare il pubblico.
La strada non è uguale per tutti: l'importante è insistere e non scoraggiarsi.




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