L'intonazione è un argomento molto delicato, soprattutto per i musicisti di strumenti a fiato, per le ragioni che si esamineranno nel corso del post.
Nel corso degli anni ho suonato con persone molto fissate sull'intonazione (ma non per questo necessariamente intonate) e con altre non fissate ma che nel corso di un'esecuzione ascoltano ciò succede intorno a loro (e quindi non hanno problemi ad essere intonate).
In generale, purtroppo, il secondo caso è più raro; il motivo risiede, a mio giudizio, ad una concezione sbagliata, e quindi ad un approccio non produttivo, dell'intonazione relativa al proprio strumento.
Esaminerò la questione a fondo, nell'intento di dissipare quanti più dubbi possibile.
Innanzitutto occorre dire che l'intonazione, da due esecutori in poi, non può essere assoluta, ma è sempre relativa.
Quando si suona da soli, si può tranquillamente intonare lo strumento a 435 Hz o 445 Hz: non succede niente se tutti i suoni hanno la medesima intonazione.
Ma se si suona con un pianoforte bisogna necessariamente accordarsi con esso in quanto non ha la possibilità di cambiare la propria intonazione.
Non esiste "l'intonazione assoluta" in quanto dipende da molti fattori: un direttore d'orchestra può decidere di suonare a 440 Hz, 441 Hz e così via in base al proprio gusto e alla propria volontà; e non per questo cambierà la resa dell'orchestra.
L'importante è, una volta stabilita la frequenza, avere cura che tutti i suoni dello strumento siano intonati tra loro.
In secondo luogo, l'intonazione non riguarda solo un singolo suono, ma, se si suona in gruppo, anche un intero accordo.
Avere in suoni in mente è fondamentale per una buona intonazione, ma sicuramente avere presente l'accordo è meglio, in quanto in base alla sua natura può rendersi necessario una lieve modifica del suono che si sta producendo.
Può essere sicuramente d'aiuto sapere se si suona la fondamentale, la terza, la quinta, la settima, la nona ecc. di un accordo, perché permette di dargli il giusto peso nell'insieme.
Se si suona la terza, per esempio, bisogna darle appena un po' di rilievo in più, in quanto è il suono che determina il tipo di accordo; mentre se si suona una quinta giusta si può dare meno rilievo in quanto non determina il tipo di accordo. Diverso è il discorso se si parla di quinta diminuita o quinta eccedente; per queste vale quanto detto per la terza.
Pensare all'intonazione degli accordi, invece dei singoli suoni, presenta il grande "inconveniente" di dover ascoltare ciò che suonano gli altri, regolandosi di conseguenza.
Se si escludono gli strumenti a tastiera, a intonazione fissa, tutti gli altri strumenti vanno trattati come la voce, e quindi bisogna prestare molta attenzione a tutte le note.
L'intonazione, pertanto, come tanti altri parametri del suono, può essere allenata e migliorata con lo studio; e personalmente sono contrario a quelle dicerie sull'orecchio "assoluto" che tanti professano in giro volendosi elevare a nuovi geni dell'arte.
Quando si parla di musica, a mio parere, non esiste niente di dato, ma tutto si ottiene con lo studio diligente e intelligente.
Dopo molto esercizio non è poi così difficile determinare se un suono, rispetto ad un altro, tende a crescere o a calare; e sicuramente la risposta corretta non dipende dall'intuito ma dal lavoro del cervello ad elaborare i dati.
Non è che i Gomalan Brass o i Mnozil Brass, per citare appena due dei gruppi migliori, suonano in quel modo solo perché individualmente sono bravissimi, ma anche e soprattutto perché basano il loro lavoro semplicemente sull'ascolto reciproco.
Chiesi a Walter Hilgers (fondatore e tubista dei German Brass) quale fosse il segreto del loro successo e lui rispose: "Intonazione e ascolto".
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