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giovedì 21 gennaio 2016

Solfeggio ma non solo.

Per solfeggio intendo, almeno per quanto riguarda gli insegnamenti che ho ricevuto privatamente prima e in Conservatorio poi, la capacità di riconoscere altezza e durata dei suoni nelle 7 chiavi musicali.
Così data, questa capacità non è poi tanto utile all'effettiva pratica musicale per vari motivi. Innanzitutto nella maggior parte dei casi (per le mie esperienze personali) le note sono solo chiamate e non cantate alla loro giusta intonazione; di conseguenza non si può fare riferimento ad alcuna tonalità. Durante il solfeggio poi non ci si confronta con differenze di dinamica, accenti, legature, rallentando, accelerando, corone, modulazioni e a tutti gli altri elementi di una composizione. Inoltre, se si ha una croma col punto seguita da una semicroma, si usa pronunciare il tutto "hooho-ho" dove "hoo" è la croma, l'"ho"  il punto e l'altro "ho" la semicroma. Ma nella pratica non viene eseguito certamente così.

L'esercizio di solfeggio, così affrontato (a Salerno e Napoli so che così funziona, mentre per il resto d'Italia non saprei cosa dire), è poco, per non dire per niente, utile. Questo non perché non sia utile imparare a riconoscere altezza e durata dei suoni nelle sette chiavi musicali, ma perché poi ci si abitua a leggere la musica così anche quando si è allo strumento; addio allora alla musicalità, al bel canto ecc.

Personalmente, quindi, consiglio sempre di cantare un esercizio, uno studio, un concerto; insomma: tutto. Questo perché il canto stimola molto di più del semplice solfeggio buone qualità interpretative e aiuta a prendere maggiore confidenza anche con lo strumento e il pubblico.
Naturalmente non è importante avere una voce da soprano o tenore ma è importante riuscire a cantare tutte le note con la giusta intonazione; e posso assicurare che almeno all'inizio non è facile. Però ci si può aiutare con l'ausilio di un pianoforte o di una tastiera.
Avere la giusta intonazione cantando, oltre ad una buona suddivisione, faciliterà la pratica con l'imboccatura perché si suoneranno le note giuste e quando queste si saranno fortemente formate nel cervello con lo strumento ci vorrà molto meno tempo a mettere su uno studio o un concerto.

Molto utile, per allenare la prima vista, può essere cambiare la suddivisione nella fase di studio: per esempio, uno studio in 4/4 con la semiminima a 60, si può studiare in 8 con la croma a 120 o in 2 con la minima a 30; in tutti i casi il tempo è lo stesso. Un 3/4 si può portare in 3, in 6 o in 1 in base alle necessità di studio; un 6/8 in 2 o in 6; un 2/2 (tempo tagliato) in 2 o 4 ecc.

Questi cambiamenti di suddivisione possono essere utili per lo studio e la padronanza dei passaggi veloci con molte note: ad esempio, se si hanno 10 battute in 4/4 di semicrome con semiminima a 100, può essere utile inizialmente studiare per alcuni giorni con la croma a 80 (due note per battito anziché quattro) per avere chiara la successione di note e poi iniziare ad accelerare.

Questo non ha la pretesa di essere un metodo universale, però è ampiamente condiviso da  moltissimi docenti di tutto il mondo.

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